L’antico
Palazzo
della
Comunità
è
descritto
dagli
Ordinati
Comunali
Erano
le
raccolte
degli
Atti
Amministrativi
come
un
basso
edificio
munito
di
portici,
e
con
una
rittana;
apparteneva
a
privati
cittadini
che
nel
1554
addirittura
intentarono
causa
al
Comune
per
riavere
il
possesso
della
Casa
e
della
piazza;
per
risolvere
la
causa,
il
Comune
si
impegnò
a
pagare
una
quota
ai
legittimi
proprietari.
Sul
finire
del
XVI
secolo,
si
decise
di
elevare
l’edificio;
la
ristrutturazione
in
ogni
caso
non
risolse
i
problemi
di
insalubrità
dovuti
alla
presenza
della
rittana
e
alla
umidità.
Finalmente,
acquistati
quasi
tutti
i
caseggiati
circostanti,
il
Comune
affidò
all’architetto
Baroni
di
Tavigliano,
allievo
dello
Juvarra,
l’incarico
di
rinnovare
il
Palazzo,
che
fece
chiudere
la
rittana,
uniformare
in
grandezza
le
finestre
verso
piazza
san
Giovanni,
e
costruire
lo
scalone
d’onore
,
a
doppia
rampa
(forbice
rovesciata)
per
la
seconda
parte.
Degno
d’interesse
è
il
salone
consiliare
,
la
cui
decorazione
a
stucco
fu
eseguita
nel
1770
dal
luganese
Antonio
Papa,
su
disegni
dell’architetto
Luigi
Barberis,
succeduto
nella
direzione
dei
lavori
al
Tavigliano
e
a
Giovan
Battista
Ferrogio.
Gli
stucchi
preludono
al
gusto
neoclassico
e
rappresentano
festoni,
vasi
di
fiori
e
bucrani,
e
sono
considerati come uno dei più pregevoli esempi decorativi in provincia.
Nel
1868-69
altri
lavori
di
ammodernamento
eliminarono
gran
parte
della
impronta
settecentesca
della
facciata,
e
fu
persa
la
decorazione
antica.
Nel
1955
l’intero
Palazzo
fu
risistemato
per
garantire
lo
svolgimento
dell’attività
amministrativa
secondo
le
nuove
normative:
il
rinnovamento
fu
affidato
all’ingegnere
Giglio
Turoni,
che
fece
costruire
un
secondo
scalone
su
Via
Savoia.
Il
Palazzo
fu
sede
dell’Amministrazione Comunale sino al 1969; in seguito fu adibito a Biblioteca Civica fino al 1995.
Palazzo della Comunità
EDIFICI
Lo storico locale Rodolfo fa risalire lo stemma della città al 1363,
e precisamente ad un atto di Giacomo d’Acaja. Tuttavia, è solo
nel 1614 che i consindaci consegnano al duca Carlo Emanuele I° le
armi cittadine descrivendole con precisione: un cane bracco bianco,
in campo rosso in basso e bianco nella metà superiore, con una
fascia verde al fondo del cane, le cui zampe anteriori tengono una
lancia ritta con lo stendardo rosso solcato da una croce bianca
col motto
Hinc Fides
.
Lo stemma cittadino posto sulla facciata fu dipinto da Giovanni
Andrea Bocco nel 1817, e presumibilmente ridipinto in questo
secolo, ingrandendo il disegno Tracce di uno stemma furono
ritrovate sotto la decorazione attuale durante i lavori di restauro
della facciata negli anni Novanta di questo secolo.
Lo stemma.
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